In questa grande xilografia ottenuta dall’intaglio di due legni (su due fogli), il ritratto di profilo di Solimano il Magnifico (1494-1566) sembra quasi un pretesto per rappresentare il vero protagonista dell’opera: l’elmo – simile a una tiara papale – costituito da quattro corone sovrapposte (i luoghi sui quali regnava Solimano: Asia, Grecia, Turchia, Egitto), tempestato di pietre preziose e coronato da una piuma di uccello esotico.
Si tratta di un celebre copricapo, purtroppo perduto, eseguito a Venezia e terminato il 13 marzo 1532. Marin Sanudo lo vide nella gioielleria di Luigi Caorlini a Rialto e ne scrisse una particolareggiata descrizione. In seguito fu esposto per tre giorni alla pubblica visione a Palazzo Ducale e quindi inviato ad Adrianopoli, dove fu venduto con l’intercessione del Gran Visir Ibrahim Pasha. Il valore totale dell’elmo-corona e della custodia in ebano rivestita in velluto era di circa 144,400 ducati e venne pagato 116,000 ducati (Necipoglu 1989, p.403). La produzione e la vendita sembra siano stati il frutto di un consorzio di gioiellieri e mercanti veneziani.
Secondo alcuni documenti riportati da Lamberto Donati, Tiziano eseguì almeno tre ritratti di Solimano, uno dei quali fu eseguito sulla base di una medaglia probabilmente in cera realizzata da Alfonso Lombardi che a sua volta ricavò il volto da stampe precedenti, sia bulini che xilografie (ALU.0277). La xilografia oggetto di questa scheda è da attribuire a Giovanni Britto, che in questa immagine dagli ‘straordinari effetti monumentali e pittorici’ (Muraro Rosand 1976, p.122) esibisce, come anche nelle altre sue stampe, un tipo di intaglio che compete per raffinatezza con le sottili linee del bulino. Esiste una variante di questa stampa (ALU.0276.1): da Otto Kurz (Kurz 1969) è ritenuta precedente, mentre Muraro e Rosand la considerano, a ragione, una sua derivazione. Secondo Oberhuber (Oberhuber 1980), furono comunque realizzate nel 1532 per celebrare la magnifica impresa degli orafi veneziani e perché rimanesse testimonianza dell’opera prima del suo trasferimento nell’Impero Ottomano. Nel 1535 Agostino Veneziano ne eseguì una versione ridotta a bulino (Bartsch, XIV, p.377, n.518), parte di un ciclo che comprende anche quello di Khayr al-Dīn detto Barbarossa. Anche di quest’ultimo ritratto esistono versioni xilografiche (ALU.0279, ALU.0279-M).
Altri esemplari completi: Biblioteca Apostolica Vaticana (ALU.0275.3); Kunsthalle di Brema (ALU.0275.4): Getty Research Institute Los Angeles (2023.PR.8** ).
Esemplari incompleti sono conservati al British Museum (ALU.0275.2) e all' Herzog Anton Ulrich-Museum (ALU.0275.5).