HISTORICAL INFORMATION
Abbiamo deciso di schedare questa matrice anche se potrebbe non essere riferibile all'arco cronologico di competenza dell'Atlante per le questioni molto particolari che solleva (derivazione a stampa: esemplare conservato a Brema ALU.0359.1: alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia http://www.lombardiabeniculturali.it/stampe/schede/D0080-09306/).
La xilografia raffigura una giovane donna con i seni scoperti che tiene in braccio un bambino in fasce. Al suo fianco una donna anziana accudisce un altro bambino che solleva un piedino rivolgendo lo sguardo alla madre. Un cagnolino è al suo fianco. L'opera sembra che fino ad oggi non abbia interessato gli studiosi ma merita di essere considerata innanzitutto per la sua fonte. Il soggetto è ricavato in modo puntuale da un particolare della settima scena dei Trionfi di Cesare di Andrea Mantegna. Vasari nella Vita del pittore, descrivendo il ciclo, apprezzò in particolar modo 'una donna che ha per la mano un putto, al qual essendosi fitto una spina in un piè, lo mostra egli piangendo alla madre con modo grazioso e molto naturale' (Vasari, Le Vite, Andrea Mantegna, Giuntina). Come ha notato Martindale, questa e la altre descrizioni del Trionfo di Cesare da parte di Vasari non sono molto accurate. Il bambino in questione forse vuole solo attirare l'attenzione della madre (Martindale, 1980, p.94).
La matrice è firmata con un monogramma che intreccia le lettere HSB ed è datata 1513. Dall'analisi della matrice si evince che la data e il monogramma sono tasselli apocrifi inseriti nel legno probabilmente per nobilitare l'opera. Quando e da chi? Conosciamo una parte della storia di questa matrice. Il legno era di proprietà del milanese Pietro Barelli. Nel 1852 aprì un negozio di antiquariato e vendita di stampe e pubblicò un fortunato periodico, la versione ottocentesca dei libri di modelli: “Il traforatore italiano” (nella sua ditta si riproducevano anche disegni sui mobili tramite l'intaglio) Nel 1864 Barelli comprò dai tipografi Soliani le loro matrici, presumibilmente per ampliare il proprio catalogo di modelli ma anche per tirare delle stampe e venderle: la matrice della Carità però non appartiene al gruppo che Barelli aveva comprato da Soliani. Non sappiamo quindi dove era prima della permanenza presso la ditta Barelli: questa, con altre matrici che mai erano state dei Soliani (circa 140, tra cui ALU.0054-M, ALU.0405-M, ALU.0412-M), arrivò a Modena nel 1887 quando Venturi ricomperò dal figlio di Pietro, Napoleone Barelli, il fondo Soliani per destinarlo finalmente alle collezioni Estensi.
Barelli è il candidato ideale al quale attribuire l'inserimento del tassello con la data 1513 e la firma HSB perché falsificare le matrici era una sua consuetudine: vari legni Soliani infatti tornarono a Modena, dopo il “trattamento” Barelli, con firme più o meno plausibili. Come vedremo però c'è un indizio che, nel caso della Carità, permetterebbe di scagionarlo.
Il falsificatore del legno non si è accorto della fonte mantegnesca dell'opera: non avrebbe infatti attribuito la xilografia a un autore tedesco, probabilmente. Però ha notato la relazione iconografica fra questo legno e un'incisione di Sebald Beham raffigurante la Carità dove la figura femminile ha, come nella nostra xilografia, un bambino in braccio, uno di fianco aggrappato alla veste e un cane. La data 1513 apposta dal falsificatore, chiunque esso sia, non è plausibile: innanzitutto perché Beham nacque nel 1500, quindi sarebbe stato troppo giovane in quell'anno, e anche perché fino al 1532 si firmò HSP. Il falsificatore fu forse tratto in inganno dalla presenza del numero 3 nella stampa di Beham: ma il Piccolo maestro intendeva con quel numero che la Carità è la terza figura della serie delle Virtù Teologali. La serie di incisioni raffiguranti le Virtù Cardinali e Teologali fu incisa da Beham intorno al 1540, che quindi è da considerare come termine post quem per questa falsificazione.
Nell'esemplare della stampa conservato alla Kunsthalle di Brema è scritta sul verso, in italiano, una nota manoscritta riguardo a data e monogramma, ricavata dall'Abbecedario pittorico di Pellegrino Orlandi, pubblicazione del 1704. Orlandi scrive che il monogramma fu utilizzato dal 1513 (senza menzionare la Carità) la data apocrifa sulla nostra stampa: si riferisce quindi proprio a quest'opera.
Possiamo fare due ipotesi per motivare la citazione da/di Orlandi.
Il possessore del foglio di Brema, in cerca di un autore per la propria stampa, trova il riscontro su Orlandi e lo trascrive sul verso della xilografia. Oppure qualcuno scrive la nota sull'esemplare, Orlandi lo vede e scrive la notizia nell'Abbecedario. Resta il fatto che bisognerebbe conoscere le fonti dell'abate bolognese.
Ad ogni modo possiamo considerare la data 1704, anno di pubblicazione dell'Abbecedario Pittorico, il termine ante quem per l'esecuzione e, soprattutto, la falsificazione di questo legno (che quindi non fu falsificato nell'Ottocento dal milanese Barelli, che pur possedeva la matrice ed era anche un falsario).
L'opera in relazione più prossima con il legno oggetto di questa scheda è naturalmente la riproduzione xilografica dell'intero ciclo mantegnesco da parte di Andrea Andreani, stampato tra il 1598 e il 1599 e commissionato all'incisore da Vincenzo I Gonzaga. La nostra xilografia è in controparte rispetto all'edizione di Andreani che è nello stesso verso dell'originale di Mantegna.
ENTRY'S AUTHOR
Urbini S., 2017
Urbini S., Atlante delle xilografie italiane del Rinascimento, ALU.0359-M, https://archivi.cini.it/storiaarte/detail/18304/matrice-18304.html