NOTIZIE STORICO-CRITICHE
La xilografia col Cristo portacroce è nota attraverso due esemplari. Quello qui schedato è il più noto perché citato nella letteratura a partire dal 1884. Dai registri d'ingresso si apprende che venne donato dal barone Karl Eduard von Liphart nel novembre del 1883, e che era attribuito a ‘Scuola di Verona sec. XV' . Purtroppo il foglio è molto restaurato (si notano lacune e integrazioni), ma, come descriveva Lippmann, è ancora percepibile la delicatezza e l'efficacia dell'intaglio, oltre alla grande qualità del procedimento di stampa. È rilevabile una filigrana (cfr. IMG), solo parzialmente visibile e che ci è stato impossibile identificare chiaramente: posso ipotizzare che si tratti di un serpente entro un cerchio, riconducibile all'Italia settentrionale e forse all'ambito milanese (cfr. Aldovini 2014, p. 89 nota 9).
Per il secondo esemplare, conservato al Museum of Fine Arts di Boston, si veda la scheda relativa (ALU.0001.2).
Dal confronto tra i due fogli si rileva la diversità tra le cornici, almeno per quanto riguarda la banda superiore. Come in altri casi di cornici xilografiche composte da più blocchi – e quindi sostituibili nel caso, per esempio, di danneggiamento –, si nota come le estremità della cornice superiore siano diverse (nel foglio di Berlino si trovano le rosette a tutti e quattro gli angoli, mentre in quello di Boston gli angoli superiori vedono i monogrammi di Gesù e di Maria, sempre su fondo scuro). Allo stato attuale delle ricerche non è possibile stabilire quale possa essere la versione più antica dell'immagine, anche se la ‘registrazione' non precisa dei legni nell'esemplare di Boston potrebbe far pensare che quello di Berlino sia l'esemplare che attesta la situazione più equilibrata e quindi più antica del legno.
La funzione di tale genere di stampe è chiaramente di devozione privata, analogamente a dipinti dello stesso formato (circa 55 x 40 cm): dovevano venir appese alle pareti, con un qualche sistema di montaggio, deducibile dai fori che, posti a una distanza regolare l'uno dall'altro, sono visibili lungo i margini del foglio (nell'esemplare qui schedato si veda lungo il margine laterale sinistro e lungo quello inferiore).
Dal punto di vista della matrice lignea, in passato questa si identificava con un legno conservato nel cosiddetto Fondo Soliani della Galleria Estense di Modena (inv. C.199a; cfr. ALU.0002-M). Questa matrice, oltre a non avere la cornice e l'iscrizione della fascia inferiore, e a presentare alcune lacune che potrebbero derivare da una semplice usura del legno, mostra difformità nei dettagli della composizione: la lunghezza del braccio della croce, la resa delle spine della corona, dei capelli, il profilo del naso, le pieghe della pelle della mano, l'ombreggiatura dell'interno della manica, etc. Proprio come aveva già ipotizzato Maria Goldoni (1986) riprendendo Hind (1935, p. 446), deve trattarsi di un rifacimento completo dal legno antico, e quindi di una replica (cfr. da ultimo Aldovini 2014).
Per quanto riguarda l'attribuzione e datazione della xilografia in questione e la sua invenzione, gli studiosi hanno tradizionalmente avvicinato questa composizione a quella di un altro legno Soliani raffigurante un Ecce Homo (inv. C. 198; ALU.0004-M), ritenendole fin da Lippmann (1884) di produzione milanese. P. Kristeller (1913) ritiene questi intagli riferibili ad un illustratore di libri soprannominato Maestro del Melchiorre da Parma, per i Dialogi de Anima (1499), avvicinati in particolare alle immagini che decorano il Tesauro Spirituale (1499) e lo Spechio de anima di Pietro Ferraro (1498) (cfr. Urbini 2006, pp. 80-101; cfr. da ultimo Aldovini 2014, p. 93).
Nel tentativo di individuare un prototipo pittorico da cui la xilografia sia derivata, si possono citare diverse versioni dipinte con maggiori o minori varianti, tutte realizzate nell'area lombarda/ferrarese/emiliana/romagnola. La versione finora ritenuta la più vicina alla composizione a stampa è la tavola conservata a Los Angeles, già attribuita ad Ambrogio De Predis e Andrea Solario, ora riportata a Marco d'Oggiono da A. Ballarin (Los Angeles, J.P. Getty Museum, inv. 85-PB.412; si vedano le immagini allegate). L'opera si "allineerebbe con il diffondersi di una tale iconografia tra Venezia, Milano e Ferrara, che è un fenomeno di circa l'anno 1500" e "lo terrebbe più vicino al riuso che ne fece Solario a Milano e alla diffusione incontrata dal tema in area veneziana e ferrarese" (cfr. Ballarin 2010, pp. 674-675).
Un'altra versione, passata sul mercato antiquario londinese nel 2008 (tempera su lino applicato su tela; asta Christie's, Old Master & British Pictures, London, South Kensington, 29 ott. 2008, asta 5432 lotto 83), pare oggi più vicina alla stampa (cfr. LINK http://www.christies.com/lotfinder/paintings/follower-of-marco-palmezzano-christ-carrying-the-5133539-details.aspx ; Aldovini 2014, p. 95).
E' da tenere in considerazione che fu in area emiliana e romagnola che tale iconografia ottenne la massima fortuna (cfr. le opere di Maineri, Palmezzano, Zaganelli, etc.). Cfr. gli atti del convegno su Palmezzano, 2014. Si veda anche Company 2009.
DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA
tipologia: fotografia digitale
autore: Laura Aldovini/ Silvia Urbini
ente proprietario: Berlin, Kupferstichkabinett ©
tipologia: fotografia digitale
autore: Laura Aldovini/ Silvia Urbini
ente proprietario: Berlin, Kupferstichkabinett ©
BIBLIOGRAFIA
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Die Lombardische Graphik der Renaissance nebst einem Verzeichnis von Büchern mit Holzschnitten, Berlin, 1913, p. 57
Heitz P., "Italienische Einblättdrucke in den Sammlungen Bremen, Düsseldorf, Hamburg, London, Modena",
Einblättdrucke des XV. Jahrhunderts, Strassburg, 1933, p. 8 n. 38, n. 38
Hind A.M.,
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Arrigoni P., "L'incisione rinascimentale milanese",
Storia di Milano, Milano, 1957, pp. 690-719, pp. 717-718
Musper H.Th.,
Der Holzschnitt in fünf Jarhunderten, Stuttgart, 1964, fig. 31
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Icon to narrative: the rise of the dramatic close-up in fifteenth-century devotional painting, Åbo Åbo Akademi, 1965, pp. 147-149, fig. 118
, I legni incisi della Galleria Estense. Quattro secoli di stampa nell'Italia Settentrionale, Modena, 1986, pp. 81-82 sotto n. 24
, Achille Bertarelli e Trieste. Catalogo delle stampe donate alla Biblioteca Civica Attilio Hortis, Milano, 2000, p. 116 sotto n. 11 (E. Nodari)
Company X.,
Il Rinascimento di Paolo da San Leocadio, Palermo, 2009, pp. 179-183
Bianchi S., "L'incisione lombarda tra Quattro e Cinquecento: alcune testimonianze di scambi con altri ambiti artistici",
L'utilizzo di modelli seriali nella produzione figurativa lombarda nell'età di Mantegna, Milano, 2012, pp. 51-58, pp. 54-55, note pp. 57-58
Aldovini L., "La stampa con il 'Cristo portacroce' e la trasmissione dei modelli nell'arte lombarda tra fine XV e inizio XVI secolo",
L'Andata al Calvario di Marco Palmezzano. Restauri, ricerche, interpretazioni, Lovere, 2014, pp. 87-96, 142-146, pp. 87-96, fig.p. 145 (didascalia erronea, cfr. dida fig. 20)