Esemplare di 21 fogli uniti.
Bier descrive come segue la veduta del Cairo: “Così egli raffigura sul margine sinistro della veduta del Cairo l’inizio del delta del Nilo con le strade verso Rosetta e Damietta, sulle sponde e nel Nilo alcuni coccodrilli. Da Damietta una carovana sosta in una piazza ippica, dove turchi e mamelucchi mostrano le loro arti e Domenico può dispiegare tutto il suo sapere disegnativo attraverso audaci abbreviazioni e vivaci movimenti. Questa piazza ippica è menzionata in numerosi resoconti di viaggio contemporanei; con essa confinano verso l’interno del paese campi di grano verso la città piccolissimi giardini circondati da bassi muretti, così come li conosciamo dalle raffigurazioni delle “1000 e una notte”. Intorno alla città si elevano enormi colline di detriti. Al margine superiore sinistro si vede il paese di Matarea, non lontano da questo l’albero, alla cui ombra la Madonna si riposò durante la fuga, la piccola casa dove abitò e il famoso giardino, nel quale crebbe il vero balsamo. Nelle vicinanze di un alto obelisco è raffigurato l’esercito del sultano di Egitto, protetto da cannoni pronti a sparare, disposti a semicerchio e interrati nella sabbia, che inutilmente aveva aspettato nel 1517 l’esercito turco. Infatti, dopo essere stato avvertito dei piani del suo avversario, per opera di alcuni mamelucchi traditori, Selim I si era ritirato sul monte Muqattam e sul margine destro lo si vede entrare nella città indifesa. All’opposto del margine sinistro con le sue immagini di vita pulsante, quello destro mostra la calma della morte. Sugli altopiani levigati dal vento, analogamente a come compaiono sui dipinti religiosi di Bellini, sorgono le piramidi. …. Bisogna anche precisare che le piramidi sono disegnate molto appuntite, un errore, che si trova ancora su xilografie del XVIII secolo. Un testo più lungo accanto alle piramidi le chiama secondo Strabone: «sepulcri deli Re de Egipto de le quali una fu misurata ali tempi nostri da miser Marcho grimani Patriarcha d’Aquilea il qual in persona la misuro et uisali sopra…». Sulle sponde del Nilo e in alcuni giardini si vedono le primitive ruote idrauliche, le quali sono a migliaia in funzione ancora oggi, tirate da bufali, cavalli e asini. La città stessa è disegnata da un punto di vista, che bisogna immaginare sulla sponda occidentale del Nilo, ad alcune centinaia di metri di altezza, in quella prospettiva, che preferibilmente gli artisti italiani usavano nel XVI secolo e che si può paragonare alle moderne riprese a volo d’uccello. Si vedono le migliaia di case di forma cubica con tetti piatti, nel mezzo innumerevoli moschee con le loro cupole e i minareti, tutti coronati da una falce di luna” (traduzione di Valeria Butera).
Il cartografo che firma l'opera è Giovan Domenico Zorzi da Modone che con ogni probabilità non è da identificare con Domenico dalle Greche, responsabile della tiratura dei blocchi della Sommersione del Faraone di Tiziano nel 1549, ALU.0180.1. Per le datazione gli studiosi si sono riferiti ad una richiesta di privilegio di Domenico delle Greche del 1546, che costituirebbe il postquam, dove chiede di stampare i disegni eseguiti durante un viaggio in Terrasanta: ma finché non viene chiarita la questione dell'identità doppia o meno di questi due cartografi non ci si può pronunciare. Pagano, come per altre mappe, stampò un testo di accompagnamento scritto, secondo l’attribuzione di Angela Codazzi, da Guillaume Postel. Esisteva una carta precedente di Giovanni Andrea Vavassore con un titolo simile ma non se ne conosce l’ubicazione (fu esposta alla Biblioteca Nazionale di Varsavia in occasione del Congresso Internazionale di Cartografia del 1934). Un’altra veduta del Cairo, molto ridotta ma dove la città è raffigurata dallo stesso punto di vista, fu stampata a Venezia da Nicolò Zoppino nel 1519 all'interno di una guida per i pellegrini che si recavano in Terrasanta. Ancora prima, tra la fine del Quattrocento e il primo decennio del Cinquecento, due vedute del Cairo, ora perdute, erano state dipinte nella residenza del marchese Francesco II a Gonzaga e nel Palazzo San Sebastiano a Mantova (cfr. Bourne 1999).
Per un elenco completo delle carte geografiche e delle altre xilografie su fogli sciolti di Matteo Pagano si veda ALU.0603.1.
Altri esemplari di questa xilografia sono conservati a Londra, Arcadian Library e Copenhagen, Royal Danish Library.