Xilografia in unico blocco. Rara scena di rappresentazione in notturno che ebbe una notevole fortuna. È citata nelle principali fonti che riguardano la produzione xilografica di invenzione del cadorino: la lettera di Lampsonio del 1567; l’edizione delle Vite di Vasari del 1568; le Meraviglie dell’arte di Ridolfi del 1648. È stata di ispirazione per Jacopo Bassano e per El Greco, che la citò in un’anta dell’Altarolo della Galleria Estense di Modena. Ne esistono tre stati, individuabili osservando il volto della Madonna che progressivamente appare di minore qualità. Il legno nella parte corrispondente si danneggiò forse già al momento della prima tiratura. Fu ritagliato un tassello ovale e sostituito con un altro rozzamente intagliato, dove si sono perse le delicate ombreggiature della prima edizione. Esiste una copia xilografica indicata da Dreyer (Dreyer 1971, 17-II). Il monogramma in un ovale bianco in basso a sinistra corrisponde a quello dell’artista Giovanni Britto, di origine tedesca attivo a Venezia tra il 1530 e il 1550, collaboratore dell’editore Marcolini, che utilizzò il suo stile xilografico che emula il segno sottile dell’incisione su rame anche in altre xilografie su fogli sciolti (come ad esempio ALU.0183.1 - ALU.0183.3, Muraro e Rosand 1976, nn. 56 - 58). Secondo Muraro e Rosand, Britto si associò con Tiziano verso la fine del Quarto decennio, riproducendo disegni e dipinti del cadorino già finiti anche da tempo, come in questo caso. Non più quindi disegni appositamente eseguiti per essere trasferiti sul legno: la libertà inventiva e di segno delle incisioni di invenzione, caratteristiche della pratica xilografica delle origini, si va sostituendo quindi secondo lo spirito e la funzione delle incisioni di riproduzione. Esistono due disegni legati a quest’opera che sono considerati copie parziali della stampa: Francoforte Städelsches Kunstinstitut, inv. 458; Berlino Kupferstichkabinett, KdZ 21980. Altri esemplari: Boston, Museum of fine Arts, ALU.0272.1 Washington, National Gallery of Art, ALU.0272.3 Venezia, Museo Correr (Stampe, A.15, n.32); Londra, British Museum (1852,0612.4 https://www.britishmuseum.org/research/collection_online/collection_object_details.aspx?objectId=1503187&partId=1&searchText=1852,0612.4&page=1) Amburgo, Kunsthalle. Questa xilografia apparteneva alla collezione privata della famiglia Remondini, che comprende 8522 stampe, donate da Giovanni Battista Remondini al Museo Civico di Bassano nel 1849. Come ricostruito da Fernando Rigon la collezione risultava già completa in un inventario manoscritto del 1827, divisa in 79 cartelle per scuola ed epoca, nell'ordine mantenuto fino ad oggi. Rigon riferisce che "trae origine nell'ultimo trentennio del sec. XVIII dal concorso di due distinte raccolte: ad un primo nucleo comprendente incisioni italiane, fiamminghe, francesi, che poco prima del 1777 il conte Antonio Remondini aveva acquistato da un non meglio identificato "celebre uomo di gusto fino e sicuro" si venne ad aggiungere, verso il 1794, la collezione di esemplari italiani e stranieri messa insieme a Venezia dal pittore e incisore don Bernardo Ziliotti. Questi già cospicui gruppi furono poi incrementati e spesso completati per settori e scuole di quanto gli stessi Remondini, favoriti dalla loro attività calcografica, erano andati e andavano raccogliendo per scambi e acquisti" (Rigon in Nicolaes Berchem, incisore e inventore 1620 – 1683. Stampe dalla Collezione Remondini 1981, p. 7). Quasi tutte le stampe sono rifilate lungo i bordi e incollate a grandi fogli di cartoncino grigio-azzurro (76x54 cm ca.).