La stampa fa parte di un gruppo di dieci xilografie che, insieme a quattordici bulini, portano come firma la marca IB seguita da un piccolo uccello, forse una colomba, così che, insieme ad altri pochi fogli senza marca, furono riferiti al cosiddetto Maestro IB con l’uccello. Per quanto riguarda il nucleo di xilografie a lui riferite, gli studiosi ne individuano undici (cfr. Lippmann 1894 e Byam Shaw 1933).
Di alcune (almeno quattro) composizioni vengono segnalate due versioni - indicate con A e B - che, per le differenze rilevate, debbono imputarsi a due diversi legni, tra i quali gli studiosi rilevano una differenza di qualità. E' difficile stabilire se siano una la copia dell'altra o due versioni del medesimo artista o degli intagliatori di cui si servì. Byam Shaw, che per primo distingue queste differenti versioni, ipotizza che siano esistite anche per altre due stampe, la Crocifissione e l'Apollo e Dafne (cfr. Byam Shaw 1932, p. 293). Si vedano le schede nel nostro database (in più esemplari, tutti elencati nella prima scheda compilata per ciascuna composizione), rispettivamente: - San Gerolamo ALU.0101.1 - Diana e Atteone ALU.0102.1 e ALU.0103.1 (come per altri casi, esistono due versioni di alcune composizioni, denominate convenzionalmente A e B, che devono essere imputate a due matrici diverse, numerate quindi con ALU differenti) - Vulcano forgia le armi che Venere consegna ALU.0104.1 e ALU.0105 - Atalanta e Meleagro ALU.0106.1 e ALU.0107.1 - Crocifissione ALU.0108 - David con la testa di Golia ALU.0109 - Le tre Grazie ALU.0110.1 - Ganimede ALU.0111.1 e ALU.0112.1 - Calvario ALU.0113.1 - San Sebastiano ALU.0114 - Apollo e Dafne ALU.0115.1, senza monogramma.
Per l’identificazione dell’autore sono state avanzate diverse ipotesi. Per primo P.J. Mariette (Abecedario, IV, 1857-1858, p. 76) aveva riconosciuto l’uccello come una colomba e aveva quindi pensato ad un certo ‘Palumbus’. Pietro Zani ed Émile Galichon (1859) avevano fatto il nome dell’orafo modenese Giovanni Battista del Porto. Byam Shaw (1932) pensava al bolognese Jacopo Ripanda (documentato nel XVII e XVIII secolo come ‘intagliatore in legno’), soprattutto per gli indizi che fanno presupporre un soggiorno romano, la vicinanza con gli affreschi del Palazzo dei Conservatori a Roma, e l’interesse antiquario che si percepisce nelle stampe. Augusto Campana nel 1936 ha finalmente più verosimilmente individuato il nome di Giovanni Battista Palumba, desunto da una glossa aggiunta nel margine di un epigramma intitolato ‘De Laeda a Darete impressa’ dell’umanista romano Evangelista Maddaleni dei Capodiferro, appartenuto all’Accademia di Pomponio Leto e al circolo culturale del cardinale Riario (ora conservato a Roma, Biblioteca Vaticana, codice Vat. Lat. 3351). L’epigramma alluderebbe ad un’incisione con Leda che stringe Giove trasformato in cigno (Bartsch XIII, p. 280 n. 46, in primo stato). È comunque lecito obiettare che l’autore della glossa possa essere stato cronologicamente posteriore e potesse aver conosciuto l’opinione di Mariette.
L’unica incisione datata del Maestro IB risale al 1503: si tratta di un bulino raffigurante Tre mostri (Bartsch XIII, p. 139 n. 70), cioè tre nascite straordinarie verificatesi a Roma in quell’anno, attestando dunque la presenza dell’artista nella città a quella data. Anche la filigrana dell'unico esemplare noto del David con la testa di Golia, che possiamo avvicinare a quella di Briquet 14886, conferma una collocazione a Roma nel 1502-1503 (cfr. ALU.0109). La produzione appare eclettica: sono state individuate influenze mantegnesche (Lippmann), bolognesi (Kristeller, Hind), da Nicoletto da Modena, da Sodoma, Francesco Francia, Baldassarre Peruzzi, lombarde (Oberhuber 1973), leonardesche (o solariane) (Lippmann), düreriane (negli sfondi), etc. Lippmann aveva ipotizzato affinità tra le xilo del maestro e alcune in libri stampati a Milano e Saluzzo tra 1490 e 1503 (si veda infra). È probabile che l’inizio della carriera di questo artista avvenne in Lombardia, come sembra si possa supporre osservando anche l’analogia del ‘Calvario’ con la Crocifissione del 1503 di Solario conservata al Louvre, e della Diana in ‘Diana e Atteone’ con la Santa Caterina del 1499 del Poldi Pezzoli, etc. (K. Oberhuber in Washington 1973, p. 441). Si rilevano effettivamente anche analogie con Leonardo e Cesare da Sesto (che avrebbe potuto trasmettere le invenzioni leonardesche a Roma). Sulla base del confronto tra le composizioni, sono state evidenziate differenze che hanno portato a credere che il Maestro si sia servito di intagliatori diversi per realizzare le matrici, secondo Lippmann addirittura di una bottega intera. Si segnala che in due stampe (il San Gerolamo qui schedato e Le tre Grazie, ALU.0110), di fianco al monogramma IB, compare un altro marchio, MA (o AAM? AMA?), e in una versione (B) del Vulcano, Venere etc. (ALU.0105), si legge un ‘cynthio’ (o ‘cynebio’), ritenuti firme degli intagliatori.
La xilografia qui schedata presenta un San Gerolamo per il quale viene segnalata una analogia - abbastanza superficiale, come già segnalato da Hind (1935, II, p. 442) - con una raffigurazione del Vivaldus, ‘De Veritate Contritionis’, stampato a Saluzzo dai fratelli Le Signerre nel 1503. Dal Tesauro Spirituale, stampato dagli stessi a Milano nel 1499 (ISTC n° it00117200), si ritroverebbe una similitudine con il Calvario.
Gli esemplari del San Gerolamo sono conservati a:
- Pavia, Musei Civici, inv. St. Mal. 1565 (ALU.0101.1 – esemplare qui schedato) http://www.lombardiabeniculturali.it/stampe/schede/F0130-00272/?view=autori&hid=29819&offset=4&sort=sort_int Il foglio pavese qui schedato non è segnalato dal repertorio di Zucker 1984, p. 156.
- Londra, BM, inv. 1895,0122.1212 (con al verso una Crocifissione, probabilmente da libro, si veda ALU.0101.2) http://www.britishmuseum.org/research/collection_online/collection_object_details.aspx?objectId=1355903&partId=1&searchText=1895,0122.1212&page=1
- Londra, BM, inv. 1845,0825.626 (tiratura tarda) http://www.britishmuseum.org/research/collection_online/collection_object_details.aspx?objectId=1355902&partId=1&people=112393&page=1
- Paris, Louvre, Rothschild, inv. 3969 LR (con al verso la stessa Crocifissione dell'esemplare di Londra, ALU.0101.2) http://arts-graphiques.louvre.fr/detail/oeuvres/4/519066-Saint-Jerome
- Venezia, Museo Correr, volume stampe A 15, n. 12 (ALU.0101.3, con al verso la Crocifissione ALU.0108)
- Vienna, Albertina, inv. 1962/1125 (ALU.0101.4)
- Vienna, Albertina, inv. 1962/1126 (ALU.0101.5)
- Brema, Kunsthalle, inv. 32303
- New York, Metropolitan, inv. 24.40 http://www.metmuseum.org/art/collection/search/648112?sortBy=Relevance&ft=palumba&offset=0&rpp=50&pos=6
- Roma, Istituto Centrale per la Grafica, FN 85948
- Hamburg, inv. 73
- Berlin, Kupferstichkabinett
- Parma, Biblioteca Palatina, inv. 19783
- Chicago
- Firenze, Biblioteca Marucelliana
L’esistenza di alcuni esemplari del San Gerolamo stampati con l’aggiunta di un testo nella parte superiore del foglio, e con al verso due casi di xilografie con la Crocifissione, insieme a parte di testo a stampa (si vedano gli esemplari menzionati sopra), attesta che il legno è stato riusato per illustrare almeno due libri stampati nel primo Cinquecento. Augusto Campana (1936, pp. 180-181) chiarisce infatti come in almeno due esemplari (quello del BM, inv. 1895,0122.1212 e Paris, Louvre, Rothschild, inv. 3969 LR) si trovi al verso l’impressione di una Crocifissione anonima accompagnata da tre distici: si tratta del frontespizio dell’Ordo Missae stampato a Roma da Antonio Blado, senza data ma post 1547 – ante 1567, di cui Campana segnala un esemplare conservato a Roma, Biblioteca Vaticana (R.G. Liturgia S 70, proveniente dalla collezione Altemps). In un esemplare del San Gerolamo (quello del Museo Correr, Venezia) si trova invece al verso l’impressione della Crocifissione dello stesso maestro IB (Lippmann n. 3; cfr. ALU.0108): si tratterebbe di un’altra edizione dell’Ordo Missae di Blado probabilmente più tarda rispetto all’altra. La Crocifissione (ALU.0108; Lippmann 3) si ritrova invece precedentemente nel ‘Graduale’ pubblicato da L.A. Giunta nel 1513-1515 (Essling n. 1209) e anche nel Messale Romano del 1523 (Essling, Missals, 96), inducendo a pensare che l’artista abbia soggiornato a Venezia. Dunque è possibile affermare che, nonostante l’ipotesi di alcuni studiosi che si tratti di riuso di fogli scartati in stamperia (Hind 1935, II, p. 442 nota 1), è provato che alcuni legni del Maestro IB siano stati (ri)utilizzati per illustrare libri (liturgici). Augusto Campana segnala inoltre altre illustrazioni librarie che portano monogrammi che potrebbero corrispondere allo stesso artista (I.B.P.): un cavaliere e un combattimento nel Boiardo, Orlando Innamorato, Venezia, Zoppino, 1521, ed edizione del 1528, oltre che una copia del 1530; una statua equestre di Marco Aurelio e un combattimento, in Li successi bellici, Niccolò degli Agostini, 1521; Vita di Santa Caterina da Siena, Siena 1524. Si veda nel dettaglio Campana 1936, p. 178.