Questa xilografia di grandi dimensioni è composta da nove blocchi impressi su altrettanti fogli poi incollati. Nell'inventario della collezione di Ferdinando Colombo M. McDonald ha rilevato come un soggetto analogo ricorra nella descrizione di tre xilografie, riferite a Lucantonio, ma composte da diversi blocchi: si veda McDonald 2004, n. 2656 (in quattro fogli), n. 2656a (a colori) e n. 2825 (in quattro fogli con iscrizione 'Sileria', magari un errore per Alexandria? oppure per un'altra città), di cui non si conoscono impressioni. L'interessante ipotesi è che la composizione sia stata intagliata in maniera da poter essere 'combinata' diversamente e dare luogo a stampe di diverso formato, per rispondere ad una richiesta di mercato più ampia e ottenere di conseguenza maggior guadagno (McDonald 2004, I, p. 108).
Nagler la inserisce nella produzione grafica di Lucantonio Giunta, seguito da Passavant. Kristeller è il primo ad attribuirla a Lucantonio degli Uberti, dimostrando che la firma non si riferisce all’editore Giunta.
Della grande xilografia sono sopravvissuti due esemplari: quello oggeetto di questa scheda e uno conservato alla Biblioteca Universitaria di Bologna (Aula VI Cartella 1 n. 1, 48): il foglio misura mm 854 x 119, mentre la filigrana è costituita dal monogramma “TBP” sovrastato da un trifoglio (Churchill 1935, n. 507).
Tradizionalmente la stampa è nota con il titolo di Santa Caterina d’Alessandria e San Giorgio. È un fatto curioso perchè la figura della Santa non compare sulla scena: l’unica figura femminile presente è la Principessa, a destra di san Giorgio, in scala ridotta (Muraro Rosand 1976, p. 72, n. 7).
Lucantonio si ispria, per la composizione dell'opera, al San Giorgio e il drago di Vittore Carpaccio, con il quale condivide il paesaggio arido disseminato di teschi in primo piano e la città turrita sullo sfondo.