Opera celeberrima incisa su disegno di Tiziano, questa ‘grandiosa scenografia umana' raffigura un corteo processionale che scorre senza soluzione di continuità e si apre con Adamo ed Eva seguiti dai personaggi dell'Antico Testamento. La parte centrale e significante della xilografia è rappresentata dalla Croce simbolo di salvezza e dal Cristo simbolo di potenza: egli è assiso sul globo, con lo scettro in mano e portato in trionfo sul carro. La seconda parte del corteo, alle spalle di Cristo, è composta da apostoli, vescovi, martiri, eremiti, santi…(Pignatti 1990, pp.156-159).
Si conoscono attualmente le seguenti versioni: quella di Gregorio de’ Gregoris del 1517, in cinque blocchi e con iscrizioni in latino (la più antica edizione superstite sicuramente databile, oggetto di questa scheda); quella attribuita a Giovanni Andrea Vavassore, anch’essa in cinque blocchi ma senza iscrizioni (ALU.0172.1); quella firmata da Lucantonio degli Uberti in nove blocchi e con iscrizioni in volgare (ALU.0171.1); quella stampata a Gand del 1543, in dieci blocchi e senza iscrizioni (ALU.0173.1); quella stampata ad Anversa dagli stessi blocchi intorno al 1545, con iscrizioni in francese (ALU.0173.3); una versione a partire da quest’ultima, caratterizza da un intaglio più crudo e da diverse iscrizioni (ALU.0174.1); infine, quella in controparte intagliata in otto blocchi da Andrea Andreani nel 1600 (ALU.0891.1).
La letteratura artistica Cinque e Seicentesca sembra suggerire l’esistenza di un’edizione sconosciuta, anteriore a quella del 1517 di Gregorio de’ Gregoris. Vasari nella Vita di Tiziano afferma che “L'anno appresso 1508 mandò fuori Tiziano in istampa di legno il trionfo della fede con una infinità di figure, i primi Parenti e Patriarchi, i Profeti, le Sibille, gl'Innocenti, i Martiri, e Gesù Cristo in sul Trionfo portato da quattro Evangelisti e da quattro Dottori, con i S. S. Confessori dietro” (Vasari 1568 (ed.1966), VI, p.157). Ridolfi invece scrive che il ciclo xilografico è stato eseguito nel 1511 a Padova, quando Tiziano era impegnato ad affrescare la Scuola del Santo, e che si tratta della riproduzione di un fregio che il cadorino aveva dipinto nell'abitazione in cui risiedeva (Ridolfi 1648, I, p.156.). Il fatto che non si conoscano esemplari di questa presunta prima edizione ha acceso un annoso dibattito, ripercorso recentemente nei contributi di Lüdemann (Lüdemann 2016, pp. 27-53) e Mazzotta (Mazzotta 2023). Ci limiteremo di seguito a riportarne le tappe essenziali.
Alcuni studiosi (Mauroner 1943, pp. 30-33; Dreyer 1972, pp. 34-35; Muraro e Rosand 1976, pp.74-76) ritengono che le edizioni di Gand e Anversa siano tirature tarde della perduta prima edizione del 1508-1511, che doveva essere anch’essa composta da dieci blocchi. Questa prospettiva è ribaltata da Bury (Bury 1989), il quale, invece, sostiene che l’editio princeps sia quella di Gregorio de’ Gregoris: l’ipotesi dello studioso si fonda sulla dipendenza delle figure del buon ladrone e del san Cristoforo del Trionfo da un’incisione di Agostino Veneziano, il Portastendardo, – di cui esiste anche una versione di Marcantonio Raimondi – tratta da un disegno di Raffaello e databile 1516 (su questa incisione si veda Oberhuber 1984, pp. 339-340), che costituisce un termine post quem per l’invenzione della xilografia. Lo studioso, inoltre, nota – così come anche Mauroner, Dreyer, e Muraro e Rosand – una discontinuità stilistica tra la parte veterotestamentaria del corteo, compreso il Cristo, da un lato, e quella neotestamentaria e agiografica dall’altro: tale discrepanza viene spiegata attribuendo la parte posteriore del corteo a un disegnatore che doveva avere una buona conoscenza delle opere di Tiziano, che Bury identifica con Domenico Campagnola. Anche Hope (Hope 1993) ritiene che l’edizione di de’ Gregoris preceda le altre e rileva la stessa discrepanza stilistica, ma la spiega in modo diverso. Mantenendo la datazione al 1508 riferita da Vasari, lo studioso sostiene che le due parti siano state realizzate in momenti diversi: la testa del corteo risalirebbe agli anni indicati da Vasari, mentre i personaggi dell’era cristiana, che seguono il carro di Cristo, sarebbero stati aggiunti in un secondo momento intorno al 1517. Infine Lüdemann (Lüdemann 2016, pp. 27-53), anch’egli concorde nell’identificare la prima edizione in quella del 1517, propone di leggere le difformità stilistiche e cronologiche che caratterizzano l’opera come il riflesso di una normale pratica di bottega, dove nell’esecuzione intervengono più mani e si utilizzano anche modelli più arcaici.
Recentemente Mazzotta, seguendo una proposta di Ballarin (Ballarin 2016), ha riproposto l’ipotesi dell’esistenza di una prima edizione in dieci blocchi datata 1508, della quale non sarebbe sopravvissuto nessun foglio: le edizioni di Gand e Anversa sarebbero tirature tarde di questa edizione. Mazzotta (Mazzotta 2023, pp. 134-135) supporta la datazione vasariana ritenendo che le citazioni tosco-romane nel Trionfo dipendano dalla conoscenza da parte di Tiziano di copie della Battaglia di Cascina di Michelangelo: non sarebbe quindi necessaria la conoscenza del Portastendardo di Agostino Veneziano del 1516. Il san Lorenzo presente nel corteo xilografico, secondo lo studioso, sarebbe citato in affreschi friulani e in un disegno della Morgan Library (inv.) che egli ritiene precedenti al 1517.
Si segnala che un’altra testimonianza della fortuna del santo diacono tizianesco in ambito veneto è costituita dal chiaroscuro (ALU.1122) siglato MARD. S.AVG PINXIT e IA. D. C. FECIT, di cui non si conosce la data esatta, ma la cui produzione si può collocare post 1516, quando con Ugo da Carpi prende piede la tecnica del chiaroscuro in Italia.
Infine, per completezza è da riportare anche l’ipotesi di Karpinski (Karpinski 1994 e 2010) che, seguendo il racconto di Ridolfi, colloca la produzione del Trionfo agli anni del soggiorno padovano di Tiziano e ritiene che la versione di Lucantonio degli Uberti – editio princeps nell’opinione della studiosa – rifletta una decorazione murale che l’artista avrebbe dipinto nella sua abitazione padovana. Tale ipotesi è stata rifiutata dalla maggior parte della critica; la precedenza dell’edizione di Lucantonio rispetto alle altre è accetta solo da Gentili (Gentili 2012, pp.42-43) il quale, però, ritiene che “gli spunti linguistici della cultura figurativa romana (…), evidenti in molte robuste figure del Trionfo di Cristo, sono del tutto inconcepibili alla data 1508 indicata da Vasari ma anche contraddittori rispetto al carattere integralmente veneziano dei tre affreschi del 1511”, prospettando così la possibilità che Tiziano abbia aggiornato “in un momento successivo documentariamente imprecisabile il disegno di sua invenzione per la stampa xilografica in nove blocchi firmata dal fiorentino Lucantonio degli Uberti”.
Potrebbe essere significativo che l’esemplare di San Pietroburgo presenti in uno dei fogli (il secondo) una filigrana con un’ancora entro un cerchio che abbiamo rinvenuto su un esemplare di un’altra stampa di Tiziano, quella raffigurante Sansone e Dalila (Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo, inv. ST. 6; ALU.0177.4).
Altri esemplari di questa xilografia si trovano a:
- Bassano, Museo Civico (inv. III-67-112, 114, ALU.0170.4)
- Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo (ALU.0170.2)
- San Pietroburgo, Hermitage (ALU.0170.3)
- Londra, British Museum (inv. 1867,0309.871, 1867,0309.870, E,6.29, rispettivamente 2°, 3° e 5° foglio ALU.0170.5).
- Amsterdam, Rijksmuseum, inv. RP-P-OB-31.242-246 (ALU.0170.6 senza iscrizione in alto, completa)
- Venezia, Museo Correr (inv. P. D. 1195-1197, incompleta, ALU.0170.7)